L'Italia ko in Scozia, è cucchiaio di legno

Triste il bilancio del Torneo: zero vittorie, 26 mete subìte, 5 quelle segnate, 50 punti fatti a fronte di 201 punti subiti (quindi con una differenza di meno 151). Il CT O'Shea chiede carta bianca per cambiare tutto

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Anche quest’anno il torneo si chiude con zero vittorie e un avvilente ultimo posto per l’Italia del rugby. Hai proclami fatti prima dell’esordio con il Galles e alla fuorviante vittoria con il Sud Africa (amichevole di preparazione al torneo) non sono seguiti, ahinoi, i risultati. Agli azzurri l’ennesimo cucchiaio di legno, triste riconoscimento che va a chi perde tutte le partite del torneo del Sei Nazioni (a peggiorare le cose segnaliamo il cucchiaio di legno anche per l’Italia Under 20 e per la selezione femminile).

Qualche anno fa ci eravamo illusi che a forza di giocarlo questo torneo il nostro movimento sarebbe automaticamente cresciuto di livello tanto da poterci poi confrontare da pari a pari con le altre nazionali. Invece niente di tutto questo, dopo 17 anni dobbiamo constatare che i nostri passi in avanti sono stati troppo piccoli rispetto a quelli effettuati da Inghilterra, Francia, Galles Irlanda e Scozia. Anzi, gli altri movimenti si evolvono alla velocità della luce e noi rimaniamo fermi al palo.

Anche i numeri dell’edizione 2017 fotografano un gap inarrivabile con le altre squadre: 26 mete subìte, 5 quelle segnate, 50 punti fatti a fronte di 201 punti subiti (quindi con una differenza di -151), dunque una nazionale  dominata in lungo e in largo da tutti gli avversari, praticamente non siamo mai stati neanche vicino a pensare di poter vincere una partita. Tutto questo è l’espressione più plastica dello stato del rugby italiano in questo periodo storico.

Cosa rimane di questo Sei Nazioni? La certezza che siamo lontani anni luce dalle altre nazionali, che i fondamentali dei nostri giocatori siano troppo inferiori a quello degli avversari, che c’è troppa differenza (a favore degli altri) nel gioco alla mano, nelle touche, nelle punizioni, e nelle interpretazioni dei momenti topici delle partite. Poi c’è l’aspetto fisico e mentale. I nostri giocatori non sono ancora pronti per giocare 80 minuti al livello internazionale e la rosa è troppo corta.  Non vogliamo buttare tutto a mare e non è nostra intenzione caricare tutte le responsabilità sulle spalle del CT Conor O’Shea che è appena arrivato alla guida della nazionale, ma stando così le cose dobbiamo essere consapevoli che ci aspetta una lunga attraversata del deserto, per invertire la tendenza servirà tanta capacità organizzativa, professionalità e pazienza. Ne saranno capaci Federazione e staff tecnico?

Mi fanno ben sperare le dichiarazioni di O’Shea, l’irlandese a bocce ferme ha ammesso che c’è da cambiare radicalmente registro. Alla fine del match con la Scozia ha detto: “dobbiamo cambiare modo di lavorare e per molti non sarà piacevole ma i cambiamenti non possono essere indolore. Ripeto, non si pensi al proprio ego. Abbiamo molto potenziale, giocatori giovani e spero che da questa esperienza abbiano imparato, come ho imparato anche io.

Ecco, punto molto sul fatto che O’Shea ora abbia ben capito la situazione del nostro rugby e che abbia le idee chiare sul come e dove intervenire per invertire la rotta. Ovviamente il tecnico irlandese dovrà pensare a migliorare, fin dove sarà possibile, la prima squadra e gli facciamo i migliori auguri perché secondo noi sarà un lavoro improbo. Al resto ci dovrà pensare la Federazione Italiana Rugby. Ci vogliono idee nuove, capacità organizzativa, professionalità e la forza di persuasione necessaria per coinvolgere i club e “fare sistema”, perché è interesse di tutti cambiare questo stato di cose. Il rugby internazionale è diventato troppo competitivo e per misurarci con gli altri abbiamo bisogno di ben altro: bisogna far crescere la base, bisogna far diventare competitivo il nostro campionato e far crescere i giovani (under 20 soprattutto) in modo che possano entrare in prima squadra da protagonisti. Ma temo che per tutto ciò di vorranno anni e le altre nazionali non si fermeranno ad aspettarci.