Rugby: male l'Italia, ultima e umiliata

    Sarebbe più facile far finta di niente e non scriverne ma sarebbe sbagliato chiudere gli occhi di fronte ad uno spettacolo che ha lasciato veramente amareggiati tutti gli appassionati di questo sport. Cala il sipario sul sei Nazioni 2016 e cosa rimane della partecipazione azzurra? Beh solo cose negative, il gap rispetto alle altre è notevolmente aumentato, non esprimiamo un buon rugby, tutt'altro, e non riusciamo a creare un movimento di livello che consenta di sostituire degnamente i giocatori che lasciano. Quest'anno è stato l'ultimo anno per Martin Castrogiovanni cui dobbiamo tanto per quello che ha fatto dal 2002 ad oggi e all'orizzonte non ci sono sostituti all'altezza. L'unico vero campione che ci rimane è Sergio Parisse, il nostro capitano giocherebbe titolare nelle più forti formazioni di questo sport ma è costretto a predicare nel deserto e chissà quanta amarezza deve ingoiare a giocare, lui così forte, in un team che difficilmente vincerà qualcosa nei prossimi anni.

    Diamo un'occhiata ai numeri che danno perfettamente conto del disastro o meglio del grande buco nero in cui siamo caduti: abbiamo chiuso all'ultimo posto, prendiamo il 6° cucchiaio di legno da quando siamo nel torneo (dal 2000), registriamo la peggiore differenza punti (-145) con 79 fatti e 224 subiti, un vero record negativo se si pensa che è il frutto di ben 29 mete subìte, e anche in questo caso un risultato del quale essere tutt'altro che fieri perché è il passivo più pesante che una squadra del Sei nazioni abbia mai subìto nella storia del torneo.

    Numeri pessimi che spiegano solo in parte il nostro Sei Nazioni. La verità è che giochiamo veramente male, anzi anche peggio alle passate edizioni del torneo, nessuno mette in discussione l'impegno e la buona volontà degli azzurri ma a questi livelli non può bastare eppoi consiglio alla Federazione Rugby Italiana di non parlare di infortuni: questo è uno sport di contatto e gli infortuni vanno messi nel conto così come fanno le altre nazionali, che però hanno 30/40 giocatori intercambiabili e di grande livello. Non abbiamo un valido gioco alla mano, ma è un nostro problema atavico, su questo siamo stati sempre carenti e quel che è peggio si sono sgretolati i nostri punti di forza come la mischia, la moule e i placcaggi che quest'anno sono stati una vera sofferenza. In ogni punto del campo siamo sempre stati sovrastati dagli avversari. Poi, la nostra linea mediana non incide mai in modo decisivo con scelte appropriate a cambiare l'inerzia della partita e le ali, i trequarti e gli estremi non fanno la differenza quando sono lanciati (lanciati?) per andare in meta. A tutto questo si aggiunge che da quando si è ritirato quel fenomeno di Diego Dominguez, cioè dal 2003, non abbiamo trovato un calciatore degno di nota. E si che i calciatori sono importanti per i punti che possono assicurare durante le partite.

    Dunque un quadro desolante che non fa ben sperare per il futuro prossimo. Mentre le altre squadre sono sempre più forti e organizzate l'Italrugby fa i passi del gambero. Non riusciamo a far crescere giovani di talento da buttare in prima squadra (desolante anche il Sei Nazioni della nostra Under 20 guidata da Troncon) e abbiamo un gap di natura atletica e fisica che sarà dura colmare, basta anche vedere la capacità di corsa che hanno i nostri avversari e l'attitudine a reggere certi ritmi per tutti gli 80 minuti della partita che i "nostri" proprio non riescono a tenere.

    Verrebbe voglia di chiedere un azzeramento dei vertici della federazione e del settore tecnico ma sappiamo che è inutile. Verrebbe voglia di chiedere l'abolizione dei campionati italiani, perché non garantiscono quel livello agonistico e tecnico necessario a preparare i giocatori per i test match internazionali ma anche questo sarebbe inutile. Dunque non ci resta che aggrapparci alla sapienza della nuova conduzione tecnica: Salutato senza rimpianti il francese Brunel, dalla prossima stagione il Ct della nazionale sarà Conor O'Shea, l'irlandese è un'ottima scelta con la speranza che venga messo nelle condizioni di lavorare. Con lui arriveranno altri due uomini che conoscono molto bene il rugby mondiale, Mike Catt che sarà l'assistente nei settori calci, skills e attacco e Stephen Aboud, che avrà il difficilissimo compito di dettare le linee guida, seguendone l'applicazione, per la formazione di atleti e allenatori di alto livello. Tanti auguri a loro per l'ardua impresa che l'aspetta.