Batosta per l'Italia, ko 10-63 dall'Irlanda

L'Onda verde si abbatte sugli azzurri, finisce 9 mete a 1 per gli irlandesi. L'Italia non regge per più di i 40 minuti il ritmo impresso dagli avversari. Il Campionato italiano non aiuta a giocare a questi livelli.

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Credit Federazione Italiana Rugby http://www.federugby.it/index

E’ stata una batosta inutile girarci incontro, è finita 10-63 e 9 mete contro una con gli irlandesi che hanno dominato dall’inizio alla fine grazie alla qualità dei loro fuoriclasse, un gioco ben organizzato e sviluppato ad un ritmo che gli azzurri possono tenere non più di trenta o quaranta minuti al massimo. Che sarebbe stato un pomeriggio di autentica sofferenza si è capito subito, è bastato guardare i primi dodici minuti del match, il tempo che gli irlandesi hanno impiegato per segnare la prima meta. In quel frangente i verdi hanno spinto come forsennati e ci hanno chiuso nei nostri “ventidue” senza farci respirare con continue folate offensive che hanno piegato la nostra (comunque notevole) capacità difensiva. Gli azzurri in quei dodici minuti hanno opposto una difesa strenua, generosa e encomiabile ma poi l’hanno pagata cara perché per tenere “botta” agli attacchi dei verdi hanno dato fondo a tutte le loro energie e lo si è visto bene nel proseguo dell’incontro. E infatti, dopo aver segnato la prima meta non c’è stata più storia e la partita è scivolata via secondo il piano di gioco studiato dagli irlandesi: loro a macinare con un gioco alla mano di rara bellezza e con la consueta capacità di corsa e i nostri alle corde e incapaci di avere alternative tattiche o tecniche necessarie a contrastare gli avversari.

L’Irlanda è venuta a Roma per far capire che la sconfitta della settimana scorsa con la Scozia è stata un mero incidente e per prendersi, oltre alla scontata vittoria, anche il punto di bonus. Missione raggiunta e messaggio inviato a Inghilterra, Galles e Francia: per vincere il Sei Nazioni dovranno fare i conti con l’Irlanda.

Ora passiamo alle dolenti note che riguardano l’Italia. Se facciamo un’analisi sulle prestazioni azzurre possiamo, purtroppo, registrare due o tre elementi che determinano la distanza siderale che c’è tra la nostra e le altre nazionali. Primo, le altre nazionali hanno giocatori superiori in tutto ai nostri: le qualità tecniche, la capacità di “leggere” la partita e le doti atletiche (cioè facilità di corsa) che i nostri se le sognano. Secondo l’organizzazione di gioco, noi siamo molto bravi a difendere ma ad attaccare siamo troppo carenti per questi livelli. E’ una carenza storica, passano gli anni, cambiano gli allenatori, si rinnova la squadra ma il problema è sempre lì: non riusciamo a produrre azioni d’attacco degne di questo nome. Ed infine, ma forse la più importante, l’intensità di gioco. I nostri giocatori non reggono il ritmo che ci impongono gli avversari del Sei Nazioni: è colpa del nostro campionato che non li abitua a giocare a certi livelli e questo ci preoccupa perché non si vede via d’uscita. al ritmo che gli altri riescono a mettere in campo per tutti gli ottanta minuti. Chi ha visto Galles-Inghilterra e Francia-Scozia può facilmente capire ciò di cui stiamo parlando.

La prossima partita giocheremo contro l’Inghilterra a Twickenham quindi inutile farci illusioni sarà un’altra partita di passione. Quello che più dispiace è che i giornali inglesi (ma è una opinione molto diffusa negli altri Paesi) già cominciano a scrivere sull’inutilità di mantenere l’Italia nel Torneo. Da un punto di vista esclusivamente tecnico, come dargli torto, ma rimaniamo speranzosi che il lavoro del CT O’Shea possa un giorno dare dei frutti.