Mondiali: Italia flop, vince solo un bronzo

Il Presidente FISI Flavio Roda: il Mondiale è andato male, i risultati sono negativi. Ma soprattutto non siamo quasi mai stati competitivi, neanche, e questo è il fatto più grave, con gli atleti più esperti.

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Una sola medaglia non può bastare, troppo poco un bronzo ai Mondiali di St. Moritz per non definire una missione fallita quella dell’Italia dello sci alpino. E’ vero che non c’erano aspettative altissime perché nel migliore dei casi potevano essere tre o (forse) quattro ma in ogni caso si poteva fare, complessivamente, una figura migliore, invece gli atleti più importanti non sono mai stati competitivi (con l’eccezione di Sofia Goggia) e i giovani non hanno certo brillato, anzi.

Oltre  alla mancanza di performance c’è da rilevare che l’Italia vive su due o tre atlete di punta tra le donne e altrettanto tra gli uomini ma ha grandi difficoltà a rinnovare la squadra e a creare nuovi talenti. E’ impietoso il confronto con le altre nazionali come la Svizzera, l’Austria, la Norvegia e persino la Slovenia che in questi Mondiali hanno schierano squadre con tanti ragazzi e ragazze nate tra il 1993 e il 1997. Se continua così difficilmente potremo avere risultati importanti negli anni a venire.

Sono d’accordo con il presidente della FISI Flavio Roda, il Mondiale è andato male e i risultati sono negativi. Ora l’errore più grave sarebbe quello di scrollare le spalle e voltare pagina mettendo come paravento di questa situazione i buoni risultati complessivi ottenutii, finora, in Coppa del Mondo. Insomma il nostro appello al presidente Roda e ai vertici FISI è che nell’analizzare i risultati non facciano il “medico pietoso” perché altrimenti la pagheremo cara nei prossimi anni. 

E allora, analizziamo i problemi della nostra squadra: Le prestazioni sono state appena sufficienti, dobbiamo capire per quale motivo gli azzurri sono carenti quando si gareggia per le medaglie (Olimpiadi e Mondiali) cioè quando contano solo per le prime tre piazze, mentre gli avversari si esaltano e danno il meglio. Il presidente Roda (che è stato l’allenatore di Alberto Tomba e potrebbe portare la sua esperienza al servizio della squadra) ha chiarito che lo psicologo (Vercelli) e la Commissione medica non hanno ritenuto opportuno seguire la squadra in Svizzera, visti i risultati suggerirei di correggere il tiro per le prossime competizioni.

Secondo problema: abbiamo una squadra con pochissimi atleti da podio e un'età media elevata, sia tra le donne che tra gli uomini. Bisogna avere coraggio e rinnovare la squadra e di farlo subito, senza aspettare la fine delle olimpiadi del prossimo anno in Corea (PyeongChang).

Iniziamo dalle donne. Le vincenti sono la Goggia e la Brignone, per il resto poco o nulla. La Goggia è una star, va forte in tre specialità: la discesa libera, il supergigante lo slalom gigante. E’ giovane e sfrontata il giusto, su di lei possiamo contare ad occhi chiusi. Un gradino più sotto c’è Federica Brignone. Potenzialmente fortissima in gigante (la vedo tra le prime tre della specialità) e competitiva in supergigante. Sembra pronta per fare quel salto di qualità che ancora gli manca per essere stabilmente tra le grandi. Spero che i tecnici non la costringeranno a fare la polivalente altrimenti potremmo perderla. Poi c’è Marta Bassino. La ventenne cuneese ha grandi doti tecniche (ricorda Denise Karbon), è la nostra unica emergente dal vivaio, ma è un po’ piccola di statura e questo pregiudica alcune prestazioni: purtroppo anche nello sci la forza fisica è determinante per primeggiare.

Delle altre azzurre possiamo dire che sono buone atlete che fanno discreti risultati ma niente di più. Le sorelle Curtoni, Marsaglia, Stuffer, le sorelle Fanchini, Manuela Moelgg e Chiara Costazza sono ottime atlete (per carità anche belle persone) ma difficilmente le potremo vedere vincenti. E non parlo dello slalom, storicamente non abbiamo mai avuto grandi interpreti ma oggi stiamo messi veramente male: ci sarebbe da chiedere ai tecnici di non schierare le nostre ragazze per non esporle a brutte figure.

Tra i maschi il discorso non cambia. Siamo competitivi ma non vincenti sia nelle gare veloci che negli slalom, con l’aggravante di una età media molto (troppo) alta. In discesa libera e supergigante abbiamo Christof Innerhofer (32 anni), Peter Fill (34 anni) e Dominik Paris (27). Tre campioni che devono fare i conti con l’età che avanza, gli acciacchi e gli avversari: gli altri team invece possono schierare tanti atleti in grado di andare “a podio” e se qualcuno stecca c’è sempre un compagno che tira fuori il “garone”. Per noi non è possibile.

Nelle specialità tecniche il buio. In gigante siamo lontanissimi dal vertice, Roberto Nani (28 anni) è involuto tecnicamente, Manfred Moelgg ed Florian Eisath (ultratrentenni) danno il meglio e possono ambire a dei piazzamenti. Poi ci sono Luca De Aliprandini (27 anni) e Riccardo Tonetti (27 anche lui) che tra infortuni e difficoltà tecniche non sono riusciti ancora ad emergere. L’unico vero giovane sarebbe Simon Maurberger, classe 1995, ma è troppo acerbo per dare un giudizio ben definito. In slalom siamo forti ma non da podio (a parte qualche sporadica eccezione) e molto in là con gli anni: Thaler è del 1979, tanto per far capire a tutti qual è la nostra situazione. Moelgg (34 anni) quando sta bene può rivaleggiare nel primo gruppo ma non chiediamogli di più. Stefano Gross ogni tanto tira fuori ottimi risultati ma non è continuo e, infine, Razzoli, sarebbe anche lui da primo gruppo ma l'impressione è che il meglio della carriera (condizionata dagli infortuni) sia alle spalle.

Voglio replicare il mio grido d’allarme: rinnovare la squadra e farlo in fretta. Non aspettiamo la fine delle prossime olimpiadi in Corea (2018). Gettare in pista gli atleti nati dal 1993 in su, iniziamo a farli sciare in Coppa del Mondo perché la Coppa Europa “non è allenante”.