Per l'Italia del rugby l'esame All Blacks

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Foto di Fabrizio d'Andrea

Ci vuole lavoro mentale sui giocatori, organizzazione e tempo ma l’obiettivo è quello di fare dell’Italia del rugby una squadra in grado di diventare competitiva come non è mai stata finora. Parla chiaro Mike Catt, l’assistente allenatore di Conor O’Shea, il responsabile dei nostri trequarti con un passato glorioso da giocatore (campione del mondo con l’Inghilterra nel 2003 e vice campione nel 2007), che ha incontrato la stampa a pochi giorni dall’esordio nel Crédit Agricole Cariparma Test Match di novembre, il 12 all’Olimpico di Roma contro i leggendari All Blacks (Nuova Zelanda), la “mission” di questo nuovo corso della nazionale è quella di sviluppare le qualità dei singoli giocatori e metterle al servizio della squadra: “E’ innegabile che vi sia molto da fare, in campo e fuori dal campo, noi – ha spiegato Catt - stiamo costruendo sulle basi che abbiamo posto durante il tour di giugno, grazie anche al rientro di alcuni tra i giocatori più esperti. Ognuno deve capire il proprio ruolo specifico in relazione al rugby che vogliamo giocare, dobbiamo crescere tutti insieme: allenatori, giocatori, Club”.

Il grosso del lavoro è fuori dal campo, ha ribadito come un mantra il tecnico anglo sudafricano, per i giocatori non è semplice venire qui per tre giorni, poi tornare al club, giocare e di nuovo mettersi a disposizione della nazionale. Stiamo cercando di far capire ai giocatori come noi intendiamo il rugby, aumentando la quantità di lavoro in vista di una serie di partite così difficili. Non è il caso di proporre troppi cambiamenti, il punto è fare in modo di entrare nelle loro teste”.

A questo proposito è importante la sinergia che O’Shea e i suoi assistenti stanno creando con le due franchigie italiane del Pro 12: le Zebre e Benetton. Una collaborazione che se riuscirà appieno porterà innegabili vantaggi alla causa azzurra. Su questo Catt ha spiegato come Kieran Crowley e Gianluca Guidi sappiano bene cosa vuole lo staff tecnico azzurro: riuscire a far sposare queste due visioni e fare in modo che il sistema funzioni. Ma – ha detto Mike Catt - siamo partiti da soli tre mesi, è impossibile che tutto funzioni subito”.  Al riguardo potrà essere di buon auspicio la bella e storica vittoria delle Zebre che si sono imposte per 19-14 sul campo dell’Edimburgo, nello storico stadio di Murrayfield: cosa mai successa finora per le nostre squadre. Un risultato che, come ha ammesso lo stesso Catt, ha dato morale ai ragazzi, non solo a quelli appartenenti alla franchigia parmense. Questi successi fanno sempre bene al morale dei giocatori e la nazionale ne beneficierà.

Dunque si inizia con gli All Blacks che da pochi giorni hanno vinto (per l’ennesima volta) il “Four Nations” e stabilito il record partite vinte consecutivamente, ben 18, dimostrando a tutti quanto siano inarrivabili per il resto del mondo. Una squadra fortissima perché ha tutto: organizzazione, grandi giocatori, lo stesso sistema per tutte le squadre, gli stessi allenatori da anni, giovani che giocano in un sistema strutturato uguale per tutti da quando hanno 5 anni. Ovviamente non sarà importante il risultato, scontato a favore della marea nera, ma il gioco e l’applicazione che gli azzurri metteranno in pratica. L’Italia ha dei buoni giocatori di rugby – ci ha detto Catt - alcuni di altissimo livello internazionale, come ad esempio Parisse o Cittadini, altri giovani che stanno lavorando per diventarlo. Sta ai nuovi tecnici dare loro tutti gli strumenti perché accada, ma poi sta ai giocatori andare sul campo ed esprimersi e fare le scelte giuste. “Ripeto – ha concluso Catt – il nostro è uno sport semplice: fare le cose giuste, quando servono. Ci aspetta una sfida eccitante il nostro lavoro è mettere insieme nel modo migliore tutti i pezzi del puzzle. Non vediamo l’ora di cominciare questa serie di test”.