Vor, è dramma nell'Oceano meridionale: Fisher cade nel mare in bufera. Disperso

Alle 13 UTC (le 15 in Italia) del 26 marzo scorso il Team Scallywag ha dato notizia dell'accaduto. L'incidente è avvenuto a 1400 miglia a ovest di Capo Horn. Dopo 2 giorni di ricerche, in condizioni di mare proibitive, il velista britannico Fisher è ormai ufficialmente dichiarato disperso. Il team, che stava partecipando al giro del mondo a vela per equipaggi con altri sei team, è in salvo e si sta dirigendo verso il Cile. Gli altri invece continuano a regatare, al momento si trovano a 900 miglia da Capo Horn.

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Fabrizio d'Andrea           Credit Jeremie Lecaudey Volvo Ocean Race

(29/03/2018) La notizia è arrivata come una clava sulla testa di tutti i partecipanti a questa edizione della regata, ma anche di noi che la stiamo raccontando. L'Oceano Meridionale ha mietuto la sua ennesima vittima e, purtroppo, anche questa edizione della Volvo Ocean Race sarà listata a lutto. Andiamo con ordine. Erano le 13 UTC (le 15 in Italia) del 26 marzo scorso (mentre è in corso la settima tappa da Auckland a Itajai in Brasile) quando risuona glaciale nell'etere quel classico mayday che non vorresti mai sentire: “un uomo in mare”.

Il Race Control della Volvo Ocean Race è stato informato da Team Sun Hung Kai/Scallywag (battente bandiera di Hong Kong) che un componente dell'equipaggio, il velista britannico John Fisher, è caduto in acqua (a 1400 miglia a ovest di Capo Horn) ed è disperso e che sarebbero tornati indietro per cercare di recuperarlo.

L'Oceano Meridionale è davvero teribile (come ho già scritto nel precedente articolo http://sportperpassione.altervista.org/vor-la-flotta-%C3%A8-tra-i-50-urlanti-in-antartide-poi-doppier%C3%A0-capo-horn-dove-c-%C3%A8-la-bufera.html?cb=1521917814590#...). In quello specchio di mare tra l'Antartide e Capo Horn (dove sono diretti i team) le condizioni sono davvero proibitive, c'è una vera tempesta che infuria: onde alte oltre i sei metri (e molto cariche), venti d 40 nodi e temperature intorno ai 5 gradi. Potete immaginare come si è potuto trovare il povero Fisher.

Preoccupazione, agitazione e brutti presagi si addensano sia tra i membri dell'organizzazione che in tutti gli altri team in gara che non potevano tornare indietro a dare il loro aiuto vista la distanza (200 miglia più a est e sottovento) e le condizioni proibitive di mare. Durante quei minuti, che scorrono drammaticamente troppo in fretta, l'organizzazione della regata aspetta notizie da Scallywag e nel frattempo contatta l'unica imbarcazione che si trova relativamente vicino (400 migli) dirottandola verso alla zona della tragedia per portare soccorso.

Ma non c'è stato nulla da fare. Dopo due giorni di ricerca Ii Race Director Phil Lawrence e Richard Brisius, presidente della Volvo Ocean Race sono stati costretti a confermare la tragica scomparsa. La notizia ha riempito di dolore i cuori di tutti e possiamo solo immaginare cosa sia potuto accadere a casa di Fisher tra familiari, parenti e amici.

Sulle possibili cause dell’incidente al momento non è possibile fare alcuna supposizione. Si potrà fare chiarezza solo dopo il report che farà l'equipaggio una volta arrivato sulla terraferma. Quello che però si può dire è che tutti i velisti della Volvo Ocean Race sono dotati di diverse attrezzature di sicurezza: una muta di sopravvivenza, salvagente, cintura, un dispositivo personale di localizzazione e una luce stroboscopia. Quindi la domanda è: Fisher indossava tutti questi dispositivi al momento della caduta in mare? Aspettiamo per capire.

Ora cosa succede? La regata continua, malgrado tutto. Le condizioni meteo sono cattive e l'organizzazione per Scallywag ha elaborato una rotta che la porti in sicurezza (con i ragazzi ovviamente in profondo stato di shock, e psicologicamente molto giù) in Cile, la terraferma più vicina. Gli altri equipaggi invece stanno continuando la navigazione (anche qui potete ben immaginare in che stato) verso Capo Horn che dista ancora 900 miglia e due giorni di difficilissima navigazione. Il famoso Capo (dove l’Oceano Meridionale si incanala in uno stretto spazio fra il Sud America e l’Antartide), segna il passaggio dal Pacifico all’Atlantico meridionale e per la flotta indica la sospirata fine della navigazione nel Southern Ocean.

Per quel che conta Brunel è in testa in questa settima tappa seguita da Vestas 11th Hour Racing, MAPFRE e Dongfeng Race Team a una ventina di miglia l’uno dall’altro con Turn the Tide on Plastic e team AkzoNobel indietro di ulteriori 30 miglia.

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